Gli italiani, si sa, sono superstiziosi. Quando sentono parlare di morte cercano di evitare il discorso, fanno le corna e qualche volta, soprattutto nel Sud, si toccano anche le parti intime per esorcizzare la paura. Questo atteggiamento culturale, molto probabilmente, impedisce alle compagnie assicurative di proporre una polizza che dovrebbe prima essere proposta prima di qualsiasi altro prodotto su come investire i propri risparmi. È il problema di proteggere con una copertura ad hoc la propria vita. Soprattutto quando si è più giovani, in particolare quando si ha già una famiglia a carico, più che mettere da parte qualche centinaio di euro al mese, occorrerebbe premunirsi contro i rischi di premorienza. Infatti, nei primi cinque anni di lavoro (ammesso che se ne trovi uno fisso), gli eredi del lavoratore non hanno neppure diritto alla restituzione dei contributi versati. Solo dal quindicesimo anno in poi si avrebbe diritto a una pensione di reversibilità, che sarebbe comunque troppo piccola per avere una qualche efficacia.
È chiaro quindi che soprattutto nei primi 20-25 anni di lavoro sarebbe preferibile avere prima di tutto una copertura caso morte, rapportata alla necessità di dare alla propria famiglia un capitale in grado di proteggerla per un certo periodo più o meno lungo.
Sarebbe assurdo che un giovane con una famiglia a carico (o in cui il suo guadagno fosse fondamentale) mettesse da parte 100-200 o 300 euro al mese se non avesse già una copertura per la premorienza.
Questo per dire che il risparmio va bene ma prima di tutto bisogna pensare a ciò che è fondamentale: la sicurezza.
Il bello delle polizze di puro rischio è che più si è giovani, meno costa la polizza per la copertura della propria vita. Bastano anche poche decine di euro al mese. Ma così ci si sente più sicuri e tranquilli. Fatto questo, si può pensare a mettere da parte dei soldi.